Grogh, storia di un castoro
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Omar Manini
Educatore socio-pedagogico e giornalista pubblicista, collaboro con scuole e magazine culturali allenandomi alla scrittura. Nato cinefilo, sono diventato grande appassionato del palcoscenico: adoro lasciarmi incantare dal suono delle parole, dall’incontro degli sguardi e dal peso dei silenzi. Da anni seguo le stagioni ERT di prosa e teatroescuola 0-18 per presentazioni, interviste e recensioni.
Un piccolo piano in legno, inclinato e rialzato sul palcoscenico, e un albero spoglio: è questo quello che accoglie gli oltre duecento ragazzi della scuola primaria.
In scena entra uno strano tipo vestito da roditore, accolto da sorrisi e battutine: abiti sportivi oversize con predominanza di tinte beige e marroni, un copricapo a forma di testa di castoro e una coda “a paletta”. Il momento è tutto giocato sulla stramberia; il ragazzotto, un po’ troppo cresciuto, grufola e rosicchia: “mi sono sempre sentito un castoro, infatti io le matite le sgranocchiavo…”.
Il racconto, con il suo inizio essenziale, pesca l’attenzione complice della platea; l’uomo comincia così a raccontare dell’incontro con due esemplari di castoro e della storia che essi gli hanno affidato: quella della vita di Grogh, un loro simile senza virtù apparenti/appariscenti che, contando sulle doti dell’intelligenza, dell’empatia e della forza di volontà, si è caricato sulle spalle il destino di un’intera comunità, nella resistenza contro le cattiverie perpetrate dall’uomo.
Un racconto che non risparmia le pieghe drammatiche della vita e della natura (e una riflessione sull’agire di ognuno di noi), ma che le stempera sempre con le azioni “epiche” del piccolo animale, si arricchisce di momenti ironici – le istruzioni per costruire una perfetta diga diventano uno strano balletto Tai Chi, che molti ragazzi imitano da seduti – e, via via, diventa sempre più evocativo.
Fabio Galanti, ottimo interprete, riesce a governare, con perfetto controllo degli strumenti della voce e del corpo, sia i toni leggeri – nei quali non mancano gustose e riuscitissime interazioni con i ragazzi – sia quelli drammatici. Ed è in in questi momenti che si raggiunge la spannung: il dinamismo di un incendio ricreato nella danza con un foulard sotto luci aranciate e l’ingresso del lupo cattivo sottolineato da attesa, ululati e tracce orrorifiche.
Attraverso le vicende di Grogh, Fabio Galanti ci fa appassionare a una storia d’amore per il prossimo, per le persone vicine, per la bellezza e le possibilità che la vita regala, offrendoci uno sguardo esterno e superiore, quindi donandoci un esempio e una speranza da portare con noi e custodire.
Grogh stupisce i ragazzi con invenzioni semplici ma che, coordinate e gestite con cura, diventano potenti e significative: osservandoli dal fondo della platea si poteva notare la bellissima tensione nel momento di ingresso del lupo, coi corpi protesi alla ricerca della visione migliore e in attesa dello scioglimento dell’eccitazione.
Amore, sensibilità, condivisione, altruismo, eroismo del quotidiano, importanza della libertà: argomenti che oggi sono inflazionati o banalizzati, ma che emergono nobilmente dalla carezza allo sguardo e al cuore di questo spettacolo.
[Fotografie di Sabrina Alsido]
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