Omar Manini
Omar Manini

Educatore socio-pedagogico e giornalista pubblicista, collaboro con scuole e magazine culturali allenandomi alla scrittura. Nato cinefilo, sono diventato grande appassionato del palcoscenico: adoro lasciarmi incantare dal suono delle parole, dall’incontro degli sguardi e dal peso dei silenzi. Da anni seguo le stagioni ERT di prosa e teatroescuola 0-18 per presentazioni, interviste e recensioni.

“Streghe” è uno spettacolo che non lascia indifferenti sia per la cornice scenografica in cui muove, sia per i toni nei quali è immerso.

Le scene di ricreano un salotto casalingo design dal sapore rétro: in bella evidenza una poltrona in pelle, una TV portatile a tubo catodico, un armadio-bar, un telefono a cornetta da parete e qualche pianta d’interno.

Dopo una breve introduzione alla storia – “Questo spettacolo parla di quello che le streghe amano, ma soprattutto odiano […] una storia di vecchi e bambini perché si completano: […], ai vecchi piace raccontare storie che ai bambini piace ascoltare” – entrano in scena due figure slanciate, eleganti e misteriose che sistemano la casa a ritmo di musica e di balli abbozzati. Sono le streghe, figure ammalianti e conturbanti, protagoniste di racconti e, forse, della realtà. Una sequenza, questa, sospesa e onirica a cui segue l’ingresso dei due pupazzi protagonisti: quello di una nonna eccentrica, libera nei costumi e nelle azioni, e quello di suo nipote Elliot, un ragazzo mentalmente vivace e curioso. Le dinamiche relazionali tra i due si muovono sul filo del cinismo e dell’ironia e conducono, tra discorsi sulle streghe e le loro azioni, fino al rapimento di Elliot e alla sua trasformazione in un topolino.

Tutto il percorso è accompagnato e veicolato da un tappeto musicale molto aderente alle tonalità di una fiaba dalle evidenti sfumature dark, ricche di ombre: elementi elettronici, effetti sonori dettagliati, puliti, ed echi seventies sostengono e amplificano la distorsione di tempo e spazio dandogli un credibilissimo e coerente spessore favolistico.

I pupazzi sono molto belli ed espressivi e, nella loro credibilità, evidenziano la bravura di Ghiretti e Grisenti nella millimetrica gestione gestuale; seppure il meccanismo di movimentazione/parola sia completamente rivelato al pubblico è così ben oliato da risultare credibile e affascinante.

“Streghe” è sicuramente coraggioso nell’inserire deliziosi tocchi politicamente scorretti (“Elliot vuoi fumare un sigaro?”, “Ma nonna sono piccolo” / “Le streghe odiano i bambini perché puzzano di cacca di cane”) o parentesi nonsense (la che nonna prende il cagnolino adorato da Elliot e lo lancia contro il muro, nda) che lo rendono uno spettacolo complesso, adulto, sfaccettato in equilibrio tra il sogno e l’incubo.

Che si conclude con un bellissimo aforisma sulla vita e sull’amore: “Se c’è qualcuno che ti vuole bene non ti può succedere nulla… anzi, tutto!”.

[Fotografie di Omar Manini]

Informazioni sullo spettacolo

di Progetto g.g.

con Consuelo Ghiretti e Francesca Grisenti

scenografie: Donatello Galloni

pupazzi e decorazioni: Ilaria Comisso

musiche: Claudio Poldo Parrino

costumi: Patrizia Caggiati

occhio esterno: Elena Gaffuri

 

produzione: Progetto g.g. / Accademia Perduta Romagna Teatri 

 

teatro di narrazione e figura

durata: 50 minuti

dai 3 anni

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