Toma e Carolina
Omar Manini
Educatore socio-pedagogico e giornalista pubblicista, collaboro con scuole e magazine culturali allenandomi alla scrittura. Nato cinefilo, sono diventato grande appassionato del palcoscenico: adoro lasciarmi incantare dal suono delle parole, dall’incontro degli sguardi e dal peso dei silenzi. Da anni seguo le stagioni ERT di prosa e teatroescuola 0-18 per presentazioni, interviste e recensioni.
“Toma e Carolina” è uno di quegli spettacoli che riescono a far star bene; è una carezza teatrale scritta con poetica leggerezza da Giuseppe di Bello, che ne cura anche la regia. Orchestrazione che si dimostra matura ed efficacissima, anche nella gestione delle luci e degli effetti più utili allo sviluppo (ad esempio, la scena del duello con il “doppio-ombra” è un’autentica, gustosissima, genialata).
Tomaso ha una smisurata passione per il mondo dei cowboy, tanto da vestirsi sempre come uno di loro e inscenare mille avventure fantastiche. Se a scuola viene deriso ed emarginato per questa sua abitudine, nei pomeriggi è solito incollarsi alla tv in compagnia di telefilm e vecchi cartoni animati.
Un giorno, però, la tv si blocca all’improvviso e, dopo la rabbia e lo scoramento, decide di uscire a cercare un luogo dove vivere le sue avventurose fantasie.
Lo trova in una capanna abbandonata e isolata nella quale diventa, di volta in volta, sceriffo, bandito, cavallo, divertendosi un sacco. Ci torna anche nei giorni a venire, ma in un uno di questi trova Carolina, una bambina appassionata di lettura che cerca un posto tranquillo dove immergersi tra i libri.
Dopo l’iniziale diffidenza, i due imparano a conoscersi e a provare il piacere unico di scambiarsi i punti di vista sulle cose e sulle proprie passioni. Nasce così un’amicizia profonda e anche Tomaso viene per sempre rapito dalle pagine dei libri.
“Toma e Carolina” utilizza pochissimi elementi – un baule, un costume da cowboy, un libro – perché quasi tutto è evocato dalla fluidità del testo, dove l’unico personaggio in scena ci consegna lo sviluppo ora come protagonista, ora come narratore interno.
Una trama semplice, ma ricca di osservazioni sull’emotività e sulle relazioni, che cavalca un ottimo ritmo ed è permeata da una grande sensibilità di scrittura e percorsa da una piacevolissima brezza umoristica.
Lo spettacolo mostra l’importanza della custodia delle proprie passioni; della cura della preziosa individualità di ognuno, anche oltre le incomprensioni del mondo esterno; dello scambio con anime affini; della libertà e della fantasia nutrite attraverso il piacere della lettura.
Ma è anche, semplicemente, il piacere di assistere a uno spettacolo semplice, eppure stratificato, condotto con grandissima immedesimazione da Marco Continanza che sfoggia tutta la sua bravura e complessità d’attore – mimica, vocale, venata di reale autenticità nella caratterizzazione dei personaggi e dei sentimenti – raccogliendo l’attenzione dei ragazzi, che spesso si lasciano andare a sentite risate. E conducendo il pubblico verso un finale che è un quadro di pura, delicata bellezza e amore per il teatro, la lettura e la scrittura.
[Fotografie di Sabrina Alsido]
Informazioni sullo spettacolo
testo e regia di Giuseppe Di Bello
con Marco Continanza
produzione: Compagnia Anfiteatro / Unoteatro
teatro d’attore
durata: 50 minuti circa
dai 6 anni