Piccoli principi e principesse
Omar Manini
Educatore socio-pedagogico e giornalista pubblicista, collaboro con scuole e magazine culturali allenandomi alla scrittura. Nato cinefilo, sono diventato grande appassionato del palcoscenico: adoro lasciarmi incantare dal suono delle parole, dall’incontro degli sguardi e dal peso dei silenzi. Da anni seguo le stagioni ERT di prosa e teatroescuola 0-18 per presentazioni, interviste e recensioni.
Fin dal suo ingresso, Silvano Antonelli (di)segna in aria un tracciato fatto di parole, note e fantasia. Ed è già qui, nella leggerezza dei primi istanti, l’essenza stessa dello spettacolo, la sua più grande “lezione”.
“Piccoli principi e principesse” sviluppa l’idea di un bambino che si abbandona ai sogni ad occhi aperti e segue le meravigliose pieghe della sua fantasia, della sua libertà di pensiero. Una libertà espressa nell’amore per il disegno (“Quando ero piccolo la cosa che mi piaceva di più era disegnare; disegnavo fiori, erba, nuvole in alto… e in basso… nuvole di tutti i tipi”) e alimentata dal vorace piacere dell’esplorazione e dallo stupore della scoperta “… e, quando avevo finito da una parte, disegnavo anche dall’altra parte del foglio”.
Il mondo degli adulti, però, si rivela incapace di accettare del tutto l’indipendenza di quel bambino mostrando rigidità e volontà di contenimento/necessità di gestione: “Mi dicevano che non ero capace, che facevo solo pasticci…”. Per questo la risposta resiliente dell’infanzia va alla ricerca dell’approvazione (“Allora ho deciso di disegnare qualcosa che capivano tutti: la mia faccia”); un percorso senza risultati perché l’imposizione di un appiattimento non presuppone l’accoglimento o un accompagnamento sensibile, ma solo un desiderio di facile schematizzazione, che pian piano spegne gli sprazzi di luce: “Mi dicono che faccio mostri, non capiscono e allora ho deciso che non avrei disegnato più”.
Quel foglio, supporto per mille sogni, diventa così un aeroplanino che finisce per precipitare e rompersi, in una metafora del percorso della vita e del passaggio/confronto tra infanzia ed età adulta.
A questo punto l’apparizione di un alter ego immaginario riconsegna il bimbo al disegno e racconta di viaggi tra mille pianeti e le loro meravigliose, improbabili, vicende (il pianeta dell’arcobaleno; dei calzini di ogni tipo; della bambina piena di medaglie; del bambino che vuole mangiare sempre pizza,…), stimolandone nuovamente la fantasia e rimettendo insieme i pezzi per riprendere il volo.
Silvano Antonelli – giocando con l’astrazione delle parole, la dolcezza dei toni e un percorso puntellato da innumerevoli oggetti simbolici in miniatura – accende ripetutamente le risate dei bambini presenti. La sua narrazione – ora pacata, ora ricca di iperboli – è sempre allineata all’età del protagonista e dell’infanzia, così come lo è la gestione dello spazio scenico: contrattempi e inciampi rendono lo spettacolo il luogo dove i bambini ritrovano se stessi e il proprio immaginario, potendo ridere di (un altro) sé in un luogo protetto, in un atto liberatorio e consolatorio. E dove gli adulti hanno il tempo di riflettere sulla bellezza, senza confini né contenitori, di questa età e sulla necessità di liberarla e proteggerla, accompagnarla e sostenerla.
Uno spettacolo perfettamente centrato, in equilibrio tra la poesia e l’assurdo, un po’ come dovrebbe essere la vita, per custodire sempre il bambino dentro di noi.
Informazioni sullo spettacolo
Compagnia Teatrale Stilema / Unoteatro
di e con Silvano Antonelli
teatro d’attore e musica dal vivo
durata: 45 minuti
dai 3 anni